Certificazioni tessili, quando istituzioni e moda trovano finalmente un punto d’incontro
“Essere sostenibili” oggi sembra essere diventato il motto di ognuno di noi. In questi anni ci è stato chiesto di ridurre gli sprechi, di acquistare meno, di vivere rispettando l’ambiente.
“Ognuno di noi può fare la differenza”, puntualizza la nostra coscienza.
Dal cibo, alla normale routine quotidiana, fino alla classica t-shirt bianca riposta nel nostro cassetto, cerchiamo da qualche anno di condurre una vita quanto più eticamente corretta possibile.
Ed è proprio di questa t-shirt bianca che vogliamo sapere tutto, analizzarla e compiere un percorso a ritroso che ci mostri ogni suo peccato.
Consci del lungo percorso che ci attende, ci chiediamo: “Da dove partire? Chi può aiutarci? Come capire se un capo è sostenibile?”
La risposta è semplice: certificazioni tessili, documenti che attestano e valutano quanto la produzione di beni e servizi sia sostenibile.
Fin qui tutto chiaro, se non fosse poi, che capo alla mano, ci si ritrova risucchiati in un frullatore di sigle di cui nessuno conosce il significato.
Per questo motivo, alcuni enti locali e internazionali hanno deciso di fare chiarezza su un argomento di difficile comprensione per noi, almeno fino a oggi.
Partiamo dall’inizio.
Indice
Certificazioni tessili per la moda sostenibile: quali sono?
Occorre innanzitutto premettere che le certificazioni sono divise in due tipi di etichette: etichette ecologiche ed etichette biologiche; tendiamo spesso a credere che le parole, ecologico e biologico, siano sinonimi ma così non è.
L’ecologico riguarda l’ambiente e la sua salvaguardia, mentre il biologico è sinonimo di attenzione verso i diritti umani, anche se a volte, come vedremo a breve, ecologico e biologico si incontrano in alcune fasi del processo.
Tra le etichette ecologiche troviamo una delle certificazioni più riconosciute a livello internazionale, la Global Organic Textile Standard, conosciuta come GOTS, la quale ha lo scopo di certificare i prodotti tessili realizzati con fibre naturali provenienti da agricoltura biologica, ovvero priva di pesticidi chimici di sintesi e di OGM.
Qui possiamo includere il famoso cotone biologico così come la lana biologica; trovando apposto quindi il certificato GOTS, abbiamo l’assoluta certezza che il tessuto con la quale si è prodotto quel capo è composto al 100% da fibre naturali, cresciute in un ambiente sano e sostenibile.
Ottenere però il marchio non è sicuramente opera facile.
GOTS. Certificazione: come ottenerla?
Occorre soddisfare (e giustamente pensiamo noi) una serie di requisiti che la stessa Global Organic Textile Standard impone a chiunque voglia ottenere la suddetta certificazione.
L’azienda richiedente, quindi, può ottenere la certificazione dei propri prodotti presentando l’apposita domanda unita ai relativi documenti, ai due enti proposti al rilascio della certificazione, che in Italia sono: l’Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale e CCPB.
Successivamente è suo dovere sottoscrivere l’offerta economica prevista per avviare le pratiche di certificazione, la quale avviene in base a un piano tariffario.
Per ottenere il certificato debbono essere quindi soddisfatti i seguenti requisiti:
- Il prodotto deve essere composto da almeno il 70% di fibra naturale proveniente da agricoltura biologica;
- Devono perentoriamente essere rispettati i criteri sociali dell’International Labour Organisation, i quali prevedono: condizioni di lavoro sicure, l’abbattimento di ogni barriera discriminatoria e l’eliminazione del lavoro minorile. Sono previste ispezioni da organizzazioni terze volte a controllare l’effettiva applicazione dei principi appena citati.
Riteniamo però necessario fare una precisazione; in USA solamente i prodotti con il marchio GOTS possono apporre la dicitura “biologico” sui propri capi, questione ben diversa nel resto del mondo, tra cui l’Europa, dove è possibile inserire la scritta “biologico” anche se è solo la fibra presente al suo interno a esserlo, tralasciando quindi percentuali di composizione e diritti umani.
Risulta dunque chiaro come l’unica garanzia sia quella di trovare il sigillo GOTS, con il relativo numero di licenza, indicati sulla nostra ormai famosa t-shirt bianca, per poterla considerare ecologica a tutti gli effetti.
Chi rilascia la certificazione GOTS?
Il Global Organic Textile Standard, inoltre, mette a disposizione un database pubblico dove poter cercare le imprese che hanno ottenuto il marchio di garanzia GOTS.
Rimanendo sempre nel campo delle etichette ecologiche, non possiamo non menzionare le ormai famose Ecolabel e Oeko-Tex.
Ecolabel è la certificazione ecologica europea ufficiale, ed è definita dal regolamento 880/92 della Comunità Europea, con lo scopo di promuovere l’utilizzo di prodotti con un basso impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita.
Crediamo fortemente nella sua importanza, perché è in grado di fornire al consumatore l’intero quadro sulle performance del prodotto, indirizzandolo quindi verso scelte di consumo più etiche.
Ha ottenuto inoltre alcuni premi in merito a imballaggi e prodotti capaci di non danneggiare l’ambiente.
OEKO-TEX ha racchiuso all’interno del suo marchio, sei tipi di certificazioni: Standard 100, Made in Green, Leather Standard, STeP, Detox to Zero ed Eco Passport.
Di vitale importanza, e vogliamo sottolinearlo, è il marchio OEKO-TEX Standard 100. Il suo scopo è quello di garantire che i prodotti tessili, così come gli accessori, non contengano al loro interno sostanze nocive per la salute dell’uomo, quali pesticidi, formaldeide, coloranti, ecc.
Se pensiamo che fino a pochi anni fa, realizzare abbigliamento ignifugo era sinonimo di utilizzo di amianto, ci rendiamo conto come certificazioni di questo tipo, non che le altre siano da meno sia chiaro, possono essere un’ancora di salvezza per quel consumatore, che abbia determinate esigenze vestimentarie.
Seguendo il filone certificazioni-salute, un’importantissima istituzione è l’Associazione Tessile e Salute, nata nel 2001, con lo scopo di tutelare i consumatori, ma anche produttori e lo stesso Made in Italy.
Collabora con il Ministero della Salute, con i NAS, le Asl e le Procure della Repubblica per abolire l’utilizzo di materiali nocivi all’interno dei tessuti. Dalla collaborazione con Unionfiere, è nata la certificazione volontaria integrata con uno scopo ambivalente: accendere l’interesse verso quelle aziende che operano nel rispetto delle norme e garantire al consumatore l’acquisto di un bene creato attraverso un buon controllo della tracciabilità, dell’origine e sulla sua stessa sicurezza.
Riciclare è sicuramente la via che potrà condurci verso un mondo più sostenibile, non a caso rientra nel metodo delle tre “R” (riciclo, riuso riutilizzo), quando si parla di riduzione degli sprechi.
Va di conto però premesso come il riciclo sia una pratica difficile da attuare; si è reso necessario, perciò, legiferare, rimanendo sempre in ambito etichette e sostenibilità ovviamente, anche in questa sfera.
Quale certificazione assicura il cliente circa gli standard per una produzione ecosostenibile di un prodotto tessile?
Nascono quindi ad hoc i Global Recycle Standard, meglio conosciuti come GRS.
Certificazione GRS: cos’è?
GRS “è riconosciuto come il più importante standard internazionale per la produzione sostenibile di indumenti e prodotti tessili realizzati con materiali da riciclo” cita la pagina ufficiale di ICEA, l’Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale.
Questo standard riconosce l’importanza del riciclo come unica via per ridurre effettivamente il consumo di risorse attraverso la trasformazione del modello “Cradle to Grave” in modello “Cradle to Cradle”.
Il Global Recycle Standard si basa su due punti di forza:
- I prodotti debbono contenere almeno il 20% di materiali riciclato al loro interno;
- Tutti i processi che portano al riciclo devono sottostare a norme stringenti prefissate dall’ente.
L’Iter di certificazione passa attraverso quattro punti: valutazione preliminare, verifica ispettiva, emissione del certificato di conformità e sorveglianza.
La valutazione preliminare consiste nel verificare che i materiali con i quali è composto il prodotto rispettino tutti i canoni relativi così come i componenti chimici al suo interno.
Con la verifica ispettiva si procede con il prendere in custodia il materiale, al fine di non compromettere la sua integrità attraverso la sua sostituzione con altri materiali. Vengono inoltre verificati il rispetto dei criteri ambientali e sociali.
Una volta soddisfatti i punti precedenti si procede con l’emissione del certificato, il quale può essere mantenuto, soddisfacendo le ispezioni di sorveglianza che vengono predisposte una volta l’anno.
Le certificazioni citate sono solo alcune e scegliere di includerne una piuttosto che un’altra non determina il loro grado di importanza; ognuna di esse svolge un compito essenziale all’interno del settore tessile, che ci auguriamo adotti sempre più certificati e sempre più mezzi per garantirci la tanto ricercata sostenibilità.
Sostenibilità, come abbiamo visto, che non passa più solo dalla scelta del brand che ha abbracciato pratiche green, ma che viene aiutata dalle istituzioni, le quali attraverso le certificazioni, ci offrono un ulteriore strumento per stimolarci a un consumo più etico.
Occorre quindi prestare sempre attenzione ai capi che stiamo acquistando; l’acquisto etico va ponderato, ha bisogno del suo tempo e non può essere effettuato in modo superfluo.
Recarsi nella bottega vintage sotto casa è sicuramente un’ottima pratica da sostituire alla passeggiata nel centro commerciale ma ricordiamoci anche dell’importanza di controllare le etichette, di prestare attenzione a questi (non più) nuovi codici che possono offrirci un valoroso aiuto durante la scelta finale.
Il consumatore si è evoluto in un soggetto sempre più attento e pragmatico e sembra, almeno per ora, che il mondo sia al passo con le esigenze della domanda di acquisto.
Francesca De Somma