Gestione del ciclo di vita dei prodotti moda e l’agricoltura rigenerativa
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Gestione del ciclo di vita del prodotto per abbigliamento ad alte prestazioni
Oramai è noto a tutti l’impatto dannoso che l’industria della moda ha sul pianeta: l’emergenza climatica dovuta allo sfruttamento del suolo da parte del settore moda è responsabile dell’aumento dell’anidride carbonica in atmosfera e dell’inquinamento delle acque. Per ridurre queste emissioni si potrebbe scegliere di ridurre la produzione di capi o produrre capi più durevoli e che si possano anche riparare.
Un approccio più responsabile sarebbe quello che offre l’agricoltura rigenerativa.
Cos’è l’agricoltura rigenerativa
L’agricoltura rigenerativa è un sistema di pratiche agricole alternative basate sulla decarbonizzazione: attraverso il processo di fotosintesi le colture catturano le emissioni di carbonio dall’atmosfera, riuscendo a trattenerlo e riportarlo verso il suolo, rallentando così l’aumento della temperatura terrestre. Tutto questo consente di corregge gli errori che l’industria della moda ha portato in questi anni.
Nell’agricoltura rigenerativa viene rispettato il ritmo della natura, perciò la crescita delle piante e i ritmi della produzione sono lenti: questo ha un effetto anche sulla vita delle persone che lavorano in questi terreni, come ritmi di vita-lavoro adeguati e nessuna esposizione a prodotti inquinanti.
L’agricoltura rigenerativa è un ottimo approccio per ridurre gli impatti negativi sul nostro pianeta e per rigenerare ecosistemi poiché rispetto alla sostenibilità che rivolge la sua attenzione al ciclo di produzione dell’abbigliamento, l’agricoltura rigenerativa si focalizza sul processo prima dell’inizio di quel ciclo.
La moda per diventare sostenibile deve essere rigenerativa
Fibershed è un’organizzazione no profit che si occupa di progetti di agricoltura rigenerativa dal 2010: supportano varie catene produttive dove mettono in atto il “from soil to soil”.
E’ un processo in cui la materia prima, che viene prodotta con il minor impatto possibile sul pianeta, deve essere lavorata in modo da consentirne poi la biodegradazione per tornare al suolo quando il ciclo di vita del capo d’abbigliamento è terminato.
Il brand The North Face realizzò una capsule collection con l’organizzazione, utilizzando lana proveniente da pecore allevate in California.
Anche l’azienda tessile Patagonia negli anni si è sempre impegnata nei confronti della responsabilità ambientale, scegliendo fattorie in India in cui produrre cotone rigenerativo.
Per sottolineare l’importanza di questa esperienza, Patagonia ha creato una apposita certificazione, la Regenerative Organic Certification che supporta metodi e procedure per un approccio olistico all’agricoltura: vengono esaminati la salute e la gestione del suolo ma anche il benessere degli animali e l’equità degli agricoltori.
Una moda responsabile
I brand di alta moda stanno iniziando ad investire sull’agricoltura rigenerativa: Kering, il gruppo che controlla Balenciaga, Bottega Veneta e Gucci, realizzò con l’associazione Conservation International, un progetto in cui praticare forme d’agricoltura rigenerativa in un milione di ettari di campi.
Anche il brand Timberland, impegnato da sempre nella protezione dell’ambiente, ha annunciato che entro il 2030 arriverà a realizzare una produzione con un impatto positivo sulla natura: gli obiettivi sono utilizzare la pelle proveniente da fonti che praticano l’agricoltura sostenibile, in modo da migliorare la produttività della terra e quello di non produrre rifiuti attraverso un design circolare dei prodotti.
Sia le calzature che l’abbigliamento verranno realizzati con materiali di scarto come bottiglie di plastica o scarti di pellame, che al termine del “ciclo di vita” potranno essere trasformati in qualcosa di nuovo.
Come brand Timberland aveva già portato miglioramenti con un design responsabile quando nel 2007 ha introdotto lo stivale Earthkeepers®, costituito da una fodera in PET riciclato e suole in gomma riciclata.
Timberland è inoltre socio fondatore del Leather Working Group, marchio nato nel 2005 che si occupa di far adottare alle concerie di tutto il mondo delle pratiche ambientali che portino delle migliorie a livello industriale.
Campagne sulla moda sostenibile
Questo processo rivoluzionario basato sul bisogno di cambiamento del settore moda è stato portato alla luce da svariate campagne:
- nel 2010 la campagna Ellen MacArthur Foundation, nacque per accelerare la transizione verso l’economia circolare: scelsero la farfalla come loro simbolo di presentazione dove l’ala sinistra si basa su materiali di origine biologica e quella destra sui flussi legati ai materiali tecnologici;
- nel 2011 la campagna “Detox my Fashion” di Greenpace nacque per eliminare le sostanze chimiche pericolose dai capi d’abbigliamento;
- nel 2013 la campagna “Who made my clothes” venne condotta da Fashion Revolution dopo la strage avvenuta quello stesso anno in Bangladesh al Rana Plaza, edificio che a causa di un cedimento strutturale causò la morte di più di mille persone (viene considerato come il più grave incidente avvenuto in una fabbrica tessile);
- nel 2019 The Fashion Pact, una coalizione di aziende globali e leader del settore moda, si riunirono per stilare degli obiettivi per arrestare il riscaldamento globale e ripristinare la biodiversità.
L’agricoltura rigenerativa è un campo da esplorare per portare la sostenibilità nel settore moda, soprattutto dovrebbe essere adottato da brand fast fashion come H&M e Zara che operano in un mercato globale di massa.
Jessica Pajalunga